Esiste davvero un incentivo da 100.000 euro, ma non è per tutti. Un’opportunità concreta, con regole precise e condizioni da rispettare. Vale la pena approfondire.
Negli angoli più nascosti della burocrazia italiana, talvolta si nascondono misure che sembrano uscite da un racconto romanzato. Questa dei 100.000 euro a fondo perduto, per esempio, sembra una di quelle trovate sospette, e invece è reale. Non è un premio, né una lotteria. È un incentivo serio, regolato, pensato per chi vuole cambiare qualcosa, partendo da dove vive.
Il punto centrale è semplice: ci sono comuni in Trentino, 33 per l’esattezza, che si stanno lentamente svuotando. Il tempo lì sembra essersi fermato, e non in senso poetico. Le case restano chiuse, i negozi spariscono, i bambini pure. Il progetto nasce per riportare un po’ di vita in queste zone, prima che muoia del tutto.
Bonus 100.000 euro: chi può accedervi e cosa prevede
Il contributo non è per chi cerca scorciatoie. Serve per chi decide di stabilirsi in uno di questi piccoli paesi e mettere in piedi un’attività vera. Può trattarsi di una bottega, un agriturismo, uno studio professionale, una start-up. Insomma, qualcosa che lasci traccia. In cambio, arrivano fino a 100.000 euro, non da restituire, ma da investire.
Ma è chiaro che non basta presentare una domanda su carta intestata per ottenere i fondi. Serve un progetto, un ISEE aggiornato, la disponibilità a trasferirsi davvero e restare lì almeno cinque anni. Chi fugge dopo pochi mesi, insomma, non solo infrange le regole, ma probabilmente si becca pure una ramanzina dagli uffici competenti.
Il bando è rivolto a famiglie, giovani professionisti, artigiani. Non serve una lunga discendenza in quei luoghi, ma serve un po’ di coraggio. Non è detto che funzioni tutto al primo tentativo. Ci vuole costanza. E voglia di convivere con ritmi che, per chi arriva dalla città, possono sembrare lenti o addirittura alieni.
Vantaggi e svantaggi da considerare
Chi pensa di prendere il contributo e restare con le mani in mano ha frainteso. È un patto con dei doveri. La Provincia autonoma di Trento investe su chi dimostra di voler investire a sua volta. Niente trucchetti o scorciatoie: bisogna dimostrare impegno concreto.
Le idee non mancano, a quanto pare. Negli anni scorsi qualcuno ha aperto un laboratorio di ceramica, altri un rifugio per camminatori, c’è chi ha messo su una falegnameria o un b&b spartano ma accogliente. Non tutti ce la fanno, è ovvio. Ma chi riesce, spesso racconta di aver trovato più di un lavoro: una vita nuova.
In molti ignorano questi bandi. Talvolta per disinteresse, altre volte per paura di perdersi nella burocrazia (e nei traslochi). Ci si perde tra acronimi, portali digitali astrusi e scadenze che paiono fatte apposta per confondere. Eppure, con un po’ di pazienza e magari l’aiuto di un CAF o di qualcuno pratico, si può arrivare in fondo.
Va detto che non è tutto oro. Vivere in un paesino di montagna può essere piacevole o alienante, dipende da come la si prende. Ma chi cerca spazi, silenzi, meno traffico e più legna da spaccare, forse qui trova quello che in città si è perso. O che non ha mai avuto.
Alla fine, non è tanto una questione di soldi. O almeno, non solo. È il tipo di scelte che uno fa quando non cerca qualcosa di effimero. Quando vuole mettere radici, o almeno provarci.