Le manette della Guardia di Finanza di Catania si sono strette attorno a due membri chiave del clan Scalisi, ostacolando le attività criminali commesse su suolo siciliano. Il sequestro, richiesto dalla procura distrettuale ed eseguito con l’approvazione del tribunale, comprende beni coinvolti che fanno capo a Giuseppe Scarvaglieri e Salvatore Calcagno. Indubbiamente, questa presa di posizione è il risultato di una lunga e metodica indagine patrimoniale orientata a annientare le operazioni mafiose in Sicilia.
Sequestro patrimoniale a Catania e Adrano: un tassello fondamentale
Attraverso la Guardia di Finanza, i tentacoli del clan Scalisi hanno subito un significativo smacco. Sono stati sequestrati sei edifici, un terreno, tre veicoli, una moto e un’impresa individuale specializzata in trasporto merci stradale con sede ad Adrano. Oltre ai beni materiali, anche numerosi rapporti finanziari legati agli imputati sono stati bloccati.
La minuzia di quest’indagine è stata resa possibile grazie alla dedizione del gruppo di indagine sulla criminalità organizzata del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania. I beni confiscati, che hanno un valore complessivo di circa 1,3 milioni di euro, dimostrano a pieno titolo come il clan fosse riuscito a raccogliere denaro attraverso il ricorso a pratiche illecite. Infatti, i beni immobili e i veicoli sequestrati contribuivano a un patrimonio usato per alimentare le attività criminali e sostenere il controllo sul territorio.
L’operazione “Follow the Money”: un duro colpo alle attività mafiose del clan Scalisi
L’operazione ha seguito il filo conduttore avviato nel 2021 con la stessa denotazione “Follow the Money“. A quei tempi, vi fu un significativo sequestro di beni, le cui stime ascendevano a circa 75 milioni di euro, mirate a colpire i più eminenti membri della famiglia Scalisi. – tra cui Giuseppe Scarvaglieri, considerato il capo storico del clan, assieme al nipote Salvatore Calcagno.
Grazie a queste azioni, è stato possibile fare luce sulle strategie fraudolente di trasferimento di valori praticate dai membri del clan, tese a occultare le entrate illecite e a proteggere gli interessi criminali. L’amaro epilogo per Scarvaglieri e Calcagno è stato l’arresto e l’accusa di associazione mafiosa, mettendo in luce la gerarchia e la pericolosità di questo clan nel territorio di Adrano e nelle aree limitrofe.
Il processo: conferme delle accuse e gli esiti recenti
Il processo di secondo grado si è appena concluso, confermando le condanne di primo grado. Giuseppe Scarvaglieri è stato condannato a tre anni e otto mesi di reclusione mentre a Salvatore Calcagno è stata comminata una pena complessiva di undici anni e quattro mesi. Queste sentenze hanno sostenuto le prove raccolte dagli inquirenti, ribadendo la gravità delle accuse.
Queste evoluzioni giudiziarie rappresentano un importante passo avanti nella lotta alla criminalità organizzata in Sicilia. Il sequestro patrimoniale si conferma quindi come uno strumento efficace per destabilizzare l’economia dei clan mafiosi e minare il loro potere sul territorio. La gestione nelle mani delle istituzioni giudiziarie testimonia l’efficacia del loro controllo sulle operazioni mafiose, valorizzando al tempo stesso gli sforzi delle forze dell’ordine operanti a Catania e nelle province circostanti.